24
Ott
“Il decreto rimpatri, tanto sbandierato dal ministro Di Maio, è una vera e propria fake news”. A sostenerlo è il senatore di FdI, Giovanbattista Fazzolari, che ha presentato un’interrogazione al ministro degli Esteri perchè, come spiega lui stesso, “il decreto non fa altro che stilare un elenco di ‘Paesi di provenienza sicuri’, la provenienza dai quali determina un automatico rigetto della richiesta di protezione internazionale, come prevede la direttiva europea 2005/85/CE relativa al riconoscimento e alla revoca dello status di rifugiato”.
Cosa prevede la disciplina europea sui rimpatri
La direttiva 2008/115/CE – detta anche “direttiva rimpatri” – disciplina le norme e le procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare. Il testo finale è stato adottato in prima lettura dal Parlamento europeo il 18 giugno 2008 e poi definitivamente approvato dal Consiglio il 16 dicembre dello stesso anno. Affinché un Paese riprenda con sé il proprio cittadino, è necessario che lo riconosca come tale. Per questo è necessario un accordo di rimpatrio stipulato tra l’Italia e il Paese in questione. Negli ultimi anni l’Italia ne ha stretti con: la Tunisia, l’Egitto, il Marocco e la Nigeria. Non invece con altri stati dell’Africa sub-sahariana da dove proviene la maggior parte dei migranti.
Un decreto che non riguarda i rimpatri
Quindi, con i rimpatri, questo decreto ha poco o nulla a che fare. Semplicemente, chi non sarà più ‘richiedente asilo’ verrà ritenuto ‘non avente titolo’ e quindi da rimpatriare, trasformandosi così in immigrato irregolare, che si andrà a sommare ai 600mila irregolari già presenti in Italia
Di Maio non spiega come effettuare i rimpatri
Ma soprattutto il ministro degli Affari Esteri Luigi Di Maio non spiega come e quando poi poter rimpatriare. Perchè il vero dramma delle ondate migratorie che sta subendo la nostra Nazione, è quello di riportare a casa loro le persone che non hanno titolo a vivere in Italia
Nella lista dei Paesi sicuri nessuno di quelli da cui provengono i migranti
Ed è paradossale l’assenza nell’elenco dei Paesi sicuri di quegli Stati da cui proviene la gran parte dei clandestini o dei richiedenti asilo, come Nigeria, Pakistan, Egitto, Bangladesh, così come la maggioranza degli Stati dell’africa subsahariana, nessuno dei quali impegnato in guerre o conflitti di altro genere.
Se non è favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, poco ci manca
Per il senatore Fazzolari, perciò, “accoglieremo, quindi, senza batter ciglio sedicenti profughi o rifugiati e rispediremo a casa chi scappa veramente da una guerra. Se non è favoreggiamento dell’immigrazione clandestina poco ci manca!”.
Il caso dell’Ucraina inserita nella lista dei Paesi sicuri
Nella lista, inoltre, sono presenti soltanto 13 Stati extra Ue e quindi considerati sicuri, la metà dei quali europei, su quasi 200 riconosciuti nel mondo. E tra questi 13 Stati c’è l’Ucraina, da anni attraversata da una guerra che ha causato migliaia di morti e mutilati, escludendo quindi che uno Stato in guerra possa essere considerato sicuro. In pratica il governo dedicherà risorse per rimpatriare le badanti ucraine e si terrà la mafia nigeriana.
Eliminare l’Ucraina dalla lista Paesi sicuri
“E’ un’assurdità che l’Ucraina sia inserita tra i Paesi sicuri, e nella mia interrogazione chiedo che sia eliminata immediatamente da questo elenco inserendo, invece, quegli Stati da cui proviene la maggior parte dell’immigrazione illegale”.
L’Italia e il fenomeno dei rimpatri. I numeri riferiti del ministro Lamorgese
Ad inizio ottobre 2019 il ministro dell’Interno Lamorgese ha dichiarato, riferendo alle Commissioni riunite Affari costituzionali e Politiche europee, che al 22 settembre i rimpatri effettuati dal nostro Paese sono stati 5.244, di cui 5.044 forzati e 200 volontari assistiti. Nel 2017 i rimpatri forzati erano stati 6.514 e quelli volontari assistiti 869, per un totale di 7.383; nel 2018 i rimpatri forzati erano stati 6.820 e quelli volontari assistiti 1.161, per un totale di 7.981. Tra il 2015 e il 2017, la stragrande maggioranza di irregolari che hanno ricevuto il foglio di via arrivavano da: Marocco (25.440) Tunisia (12.965) Nigeria (5.500) Egitto (5.095). Paesi con cui, tramite la Polizia di Stato, l’Italia ha firmato accordi al fine di migliorare le competenze nei controlli di frontiera, l’Italia paga corsi di formazione alle forze di Polizia di quei Paesi, oltre ad assicurare forniture di mezzi ed equipaggiamenti. L’accordo di riammissione con il Marocco è stato firmato a Rabat nel 1998, ma non è entrato in vigore per mancata conclusione della procedura di ratifica da parte del Marocco. I consolati comunque collaborano, però in media l’Italia riesce a rimpatriare solo un marocchino su dieci. Con la Nigeria l’accordo è stato firmato a Roma nel 2000, ma il patto è applicato dal 2011. L’Ambasciata nigeriana procede regolarmente a effettuare un’intervista ai suoi cittadini prima di emettere il documento di viaggio per il rimpatrio: alla fine, tra il 2015 e il 2017, sono stati imbarcati 725 nigeriani (il 13%).
Per Fratelli d’Italia soltanto il blocco navale impedisce l’arrivo dei migranti
Il problema dei rimpatri è annoso e riguarda un enorme numero di clandestini presenti sul nostro territorio. Il fatto che le domande di asilo saranno velocizzate perché quello di cittadini provenienti da alcuni Stati saranno subito respinte, non velocizzerà in verità i rimpatri. Senza una misura come il blocco navale, infatti, i migranti continueranno ad arrivare e le domande di asilo verranno presentate, anche se alcune varranno respinte.
4 mesi per il rimpatrio sono proclami
In particolare riguardo i rimpatri, la procedura richiede necessariamente la collaborazione dello Stato straniero di cui il clandestino è cittadino. I 4 mesi previsti da Di Maio e Bonafede sono solo proclami impossibili perché non possono essere decisi unilateralmente dall’Italia. Inoltre si deve considerare che molti migranti arrivano senza i documenti, quindi ben pochi si dichiareranno provenienti da quegli Stati; che delle nazionalità arrivate negli ultimi anni, quelle 13 incluse in questo decreto ministeriale sono una parte esigua, quindi anche sullo snellimento dell’esame delle pratiche l’effetto è probabilmente risibile.
Fratelli d’Italia propone una lista di Stati di provenienza non sicuri
FdI chiede che si inverta il paradigma ora in vigore e si stili un elenco di Stati di provenienza non sicuri, a causa di conflitti o calamità naturali, considerando quindi sicuri la quasi totalità degli Stati riconosciuti nel mondo, in modo da conferire anche il giusto peso alle richieste di asilo di chi ne ha veramente diritto; e che vi sia un elenco di Paesi di provenienza sicuri unico per tutti gli Stati aderenti e non, come ora, un elenco stilato da ogni singolo Stato, in modo da definire un contesto certo rispetto al quale dare risposte univoche, anche per sollecitare l’adozione di una politica migratoria comune.
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