LA RUSSA:

LA RUSSA: “A TRENT’ANNI DALLA CADUTA DEL MURO DI BERLINO LA SINISTRA NON HA FATTO I CONTI CON IL COMUNISMO”

Il muro di Berlino? “Simbolo dell’oppressione del comunismo” che “continua a pervadere ampi strati della sinistra europea”. Ma attenzione perchè a sinistra dopo la caduta del Muro “i conti con la Storia non sono stati fatti”, a differenza della Destra che, non soltanto “i conti con la Storia li ha fatti” ma è “riuscita a sdoganarsi. Perchè Berlusconi non ci sdogana per niente”.

Trent’anni fa Ignazio La Russa, oggi vicepresidente del Senato e senatore di Fratelli d’Italia, era responsabile dell’organizzazione del MSI. Ha vissuto da vicino quel momento, anche se ancora si rammarica di non essere andato quel giorno a Berlino. Ricorda cosa accadde, ma anche quelle settimane precedenti. Da allora sono trascorse tre decadi, di acqua sotto i ponti ne è passata. La Destra è andata diverse volte al governo; si è divisa e poi riunita. Soprattutto è uscita dal recinto in cui la teoria dell’arco costituzionale l’aveva rinchiusa. E adesso cosa accadrà? Si aprirà davvero una nuova stagione per l’Italia? Sta per cadere un nuovo muro?

Mentre cadeva il muro lei era a Milano, cosa ricorda di quella giornata?

“La grande esultanza ma anche il rimpianto di aver privilegiato l’Italia, rimanendo con chi come me aveva combattuto il comunismo, anziché andare a Berlino. Stavo per partire, ma poi invece organizzai una manifestazione a Milano. Ma sarebbe riduttivo limitare tutto a quella giornata…”.

In che senso?

“Il ricordo deve essere proiettato sulle settimane, sui mesi precedenti. Per noi giovani anticomunisti quel Muro rappresentava il simbolo dell’oppressione del comunismo e della divisione dell’Europa in due, della sofferenza dei giovani non soltanto della Germania orientale ma anche di tutti i popoli europei. Avevamo condiviso le speranze dei giovani ungheresi nel 1956, anche se all’epoca era molto piccolo ma ho qualche memoria delle manifestazioni dei giovani del Movimento Sociale Italiano. Poi il sacrificio di Jan Palach, cantando nelle nostre manifestazioni le battaglie dei giovani anticomunisti sia al di qua e sia al di là del Muro”.

Ma lei aveva percezione di quello che sarebbe accaduto?

“E’ stata una caduta per consunzione, senza neanche bisogno di violenza, perché non potevano più reggere la menzogna enorme secondo cui il Muro era a difesa dell’Europa orientale e non per impedire ai cittadini che volessero arrivare nell’Europa libera. Quando è caduta questa impostura, è caduta questa menzogna, e contemporaneamente il simbolo, il mito del comunismo come ideologia portatrice di salvezza per i lavoratori e per il popolo”.

Qualcuno, come il politologo Francis Fukuyama, ritenne che la caduta del Muro rappresentasse la ‘fine della storia’. Dopo 30 anni, però, possiamo dire che la storia non è assolutamente finita…

“Certo, la Storia non finisce mai. Si può smettere di raccontarla in un modo piuttosto che in un altro, anche se penso che il marxismo, il comunismo reale che si è manifestato dove ha governato, l’internazionale comunista con i suoi miti e le sue parole d’ordine, la sua ideologia, continui a pervadere ampi strati della sinistra europea; anche laddove il comunismo non governa più da nessuna parte. Anzi, il fatto che i partiti comunisti sono marginali, è segno che non c’è bisogno di una disposizione transitoria che ne vieti la ricostituzione. Ma la cultura non è stata archiviata e soprattutto l’aspetto più negativo: il comunismo era un’utopia che alla base aveva un sentimento positivo, offrire tutela ed eguaglianza ai lavoratori, ma era il modo di realizzarlo, l’ideologia, la cultura, e i mezzi con cui volevano perseguire quello scopo che erano completamente aberranti. E sa cosa le dico? Credo che questa impostazione, non di obiettivo ma di modalità con cui raggiungere e conservare il potere sia ancora pervasiva anche in movimenti italiani e non solo nel partitino comunista o in Leu ma anche nello stesso Partito Democratico”.

Una sorta di codice genetico della sinistra.

“Anche la recente divisione tra Renzi e il Pd ripropone, sia pure in maniera grossolana, ancora una scissione tipica dei partiti che sono stati ancora a sinistra nel dopoguerra. Si è riallontanata una formazione che non aveva una radice marxista, mentre rimane nel Partito Democratico. E’ l’intolleranza verso le altre forme culturali e soprattutto questa immagine di essere i migliori. Non a caso Togliatti era definito il Migliore. Non bisognava avere il culto della personalità, ma piuttosto dire che il capo del comunismo era il migliore; che francamente era peggio perché Togliatti non è stato il migliore, almeno questo pensano le migliaia di famiglie di italiani scomparsi in Russia nella Seconda Guerra Mondiale di cui non si è saputo più niente e di cui Togliatti avrebbe potuto assumere le difese, visto che era nella cerchia di Stalin in quegli anni”.

Ma secondo lei che impatto ha avuto sulla sinistra la caduta del Muro?

“Ha costretto le sinistre europee e italiane a cambiare nome, a darsi una verniciatura, e ha modificato in maniera marginale il loro modo, secondo me profondo, di intendere i rapporti e la politica. Sia chiaro, non voglio dire che non è cambiato nulla, ma c’è ancora molto lavoro da fare. Soprattutto non li ha indotti a fare i conti con la Storia, questo è il punto fondamentale. Alleanza Nazionale, per esempio, che nasceva sulla storia di un partito che orgogliosamente era stato fondato dagli sconfitti della Seconda Guerra Mondiale, col motto ‘non rinnegare, non restaurare’, i conti li ha fatti con il Fascismo, illustrandone i pregi e indicandone le grandi ombre come le ‘Leggi Razziali’, con il periodo della guerra civile, e con la stessa Resistenza, dividendo nettamente il giudizio sui partigiani rossi, che volevano imporci una dittatura che ci avrebbe posto al di là del Muro, e i partigiani bianchi che invece erano sinceramente mossi da un anelito di portare la democrazia. Cioè la Destra ha fatto i conti con la Storia, invece il Muro di Berlino non ha indotto la Sinistra a fare i conti con le terribili esperienze comuniste che hanno subito i popoli europei”.

Perchè, secondo lei, non c’è stato tutto questo a sinistra?

“Prima di tutto perché si sentono i migliori; secondo perché nessuno, tranne noi, glielo ha mai chiesto. E qui c’è la responsabilità degli altri partiti. Nemmeno la Democrazia Cristiana, che nell’immediato dopoguerra si fronteggiò pesantemente con il Pci.  Non ho mai sentito realmente una critica al comunismo, neanche allo stalinismo vero e proprio. Un pò Berlinguer fece un tentativo, parlò di eurocomunismo, questo fu il massimo di critica. Ma non c’è mai stato un articolato momento di riflessione sui crimini del comunismo”.

Sulla Storia d’Italia però la caduta del Muro il suo effetto l’ha avuto.

“Non c’è dubbio. La caduta del Muro e quella successiva dell’Impero sovietico ha consentito che venisse meno l’equilibrio fra le due superpotenze, che di fatto bloccava la politica italiana. E di questo, poi, a sinistra se ne sono avvantaggiati andando al governo, perché ormai non c’era più la chiusura teorica della sinistra a governare. Ma anche a destra ne hanno tratto beneficio, perché non costringeva più, come diceva Montanelli, a votare la Dc turandosi il naso. Nella divisione in due del mondo, infatti, non votare Dc significava far vincere l’altra metà del mondo. Ecco, secondo me bisognerebbe ricordare che cadendo il Muro di Berlino ha liberato non soltanto i tedeschi, creando le premesse per liberare i popoli dell’Est, ma ha anche modificato profondamente i rapporti politici in Italia. Ma le dico di più…”.

Dica…

“Credo che senza la caduta del Muro di Berlino non avremmo avuto ‘Mani Pulite’. Non avremmo avuto l’attacco, che prima facevamo soltanto noi, alla partitocrazia che fu fatto dal grande presidente della Repubblica Francesco Cossiga. Non sarebbe stato possibile, con la divisione del mondo in due blocchi”.

Quindi Cossiga per primo capì la valenza politica della caduta del Muro?

“Comprese che non c’era più la divisione del mondo in due blocchi. A mio avviso della sua presidenza vanno individuate due fasi: una prima in cui si limita a fare il presidente secondo tradizione ed una seconda, quando le condizioni di politica internazionale lo consentono, in cui esercita le sue funzioni a tal punto che per me lo ergono a miglior presidente della Repubblica. Non è un caso se le sinistre cercano l’impeachment nei suoi confronti, proprio perché rompe quel meccanismo di tacito accordo che c’era. Di accettazione del ruolo dei comunisti come se non fossero i portatori di una storia di sofferenze, di dolori, di lutti e di morte”.

Ricapitoliamo: caduta del Muro di Berlino, fine della Seconda Repubblica e Mani pulite. E Berlusconi nel ’94, come si colloca in questa digressione storica?

“Il 1994 è la fase in cui la destra ha già riconquistato il suo ruolo politico. Questa è una cosa che noi diciamo sempre ma che non passa: Berlusconi non ci sdogana per niente; ci sdogana la Storia. E’ la caduta del Muro di Berlino che ci sdogana in qualche modo, non essendoci più questa cornice siamo svincolati da quel sistema che esisteva dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Decisivi però sono gli elettori che tributano consensi alla Destra. La caduta non è soltanto del Muro di Berlino ma anche di quello della partitocrazia. A quell’epoca c’era un nostro manifesto ‘abbattiamo il muro della partitocrazia’. Si giunge così alla fase ’93-’94 con forme di democrazia diretta a livello regionale e comunale, soprattutto comunale all’inizio, e poi all’entrata in campo di Berlusconi che riesce a utilizzare il fatto che la destra non possa più essere emarginata”.

Ora però a quasi a 30 anni sembra chiudersi la lunga fase berlusconiana. Cosa dobbiamo attenderci?

“Quello dell’avvento in politica del predominio dell’antipolitica, e non è detto che sia una fase positiva anche se si tratta di una fase diversa. E’ segnata dall’arrivo del M5S, che è populismo e che non ha niente a che vedere col sovranismo. Una sorta di pregiudiziale antipolitica, una nuova fase che secondo me, come tutto ciò che sta avvenendo in politica da un pò di tempo, non ha più una durata di dieci anni o di venti anni ma si consumerà molto più velocemente. Anzi per me è una fase che si già consumando, quella dell’iper giovanilismo e dell’antipolitica ad oltranza”.

Si aprirà una fase sovranista?  

“Lo Spero. Mi auguro che la nuova fase che sta arrivando e che ha connotazioni sovraniste, ma che chiamerei soprattutto nazionali, sia segnata da una nostra grande vittoria, della destra, e di un centrodestra adesso tutto nazionale. Infatti, mentre prima soltanto Berlusconi era riuscito a mettere insieme una destra di ispirazione nazionale con una forza antinazionale, quale era la Lega; ora la nostra predicazione e le nostre tesi hanno convinto, e anche un pò costretto, la Lega ad andare nella direzione non identica di una destra sovranista, che vuol dire nazionale. Intenta a difendere, nel quadro di un’Europa che vorremmo diversa, gli interessi dell’intera Nazione. Vedo perciò una nuova fase che ponga l’Italia al di fuori di un meccanismo di accettazione preconcetta di qualunque tipo di europeismo, soprattutto economico, nell’ottica di un mutamento dei rapporti con la stessa Ue. Oggi l’ultimo muro da abbattere è proprio quello di un finto europeismo, che finora è stato una forma di accettazione di una subalternità italiana verso altri Paesi europei. Il che non ci è mai piaciuto e non possiamo più tollerare”.

 

 

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