L

L’intervento di Adolfo Urso sull’ex Ilva di Taranto

Signor Presidente, l’argomento in questione è estremamente serio e importante, anzitutto perché riguarda un grande impianto siderurgico – il più grande d’Europa – e la più grande azienda del Mezzogiorno.

Il tema è inoltre estremamente serio e importante perché la siderurgia è il cuore dell’industria italiana. Se in Italia si è sviluppata una filiera metalmeccanica competitiva a livello globale, che per altro esprime la prima voce dell’economia e dell’export italiano, è perché essa si è potuta sorreggere sull’industria siderurgica italiana che era la prima in Europa.

Ove chiudesse l’ex Ilva di Taranto, non chiuderebbe soltanto un’impresa che, in quella zona del Sud, dà lavoro a oltre 10.000 persone e alle loro famiglie e alle filiere dell’indotto, ma si determinerebbero un impatto negativo su altri impianti siderurgici italiani – penso a quello di Novi Ligure – nonché un colpo mortale per buona parte dell’industria metalmeccanica italiana. Per questo motivo è così importante salvaguardare quello stabilimento e la filiera produttiva che sta a valle.

Proprio per questo motivo, pochi giorni fa, avevamo sollevato la questione in quest’Assemblea, chiedendo espressamente ai senatori – in modo specifico a quelli del Partito Democratico – di non avallare il ricatto strumentale di una parte del Gruppo MoVimento 5 Stelle, tanto più a fronte di un provvedimento che era nato nel precedente Governo, salvo intese – espressione ne era il ministro del lavoro e delle politiche sociali, nonché dello sviluppo economico Di Maio – per poi essere avallato dal successivo Governo e, quindi, dall’Assemblea.

In quel momento avevamo chiesto ed evidenziato l’importanza di mantenere quel mini scudo che era stato elaborato e concordato con l’azienda. Avevamo inoltre evidenziato come l’azienda avrebbe potuto cogliere l’occasione e la giustificazione per tornare indietro sui suoi passi e rinunciare all’investimento.

Peraltro, tutti sanno in quest’Aula, soprattutto chi studia cultura industriale, che l’azienda indiana aveva pensato di realizzare quell’investimento in alternativa ad altri gruppi, sempre indiani, perché le aziende siderurgiche italiane fanno gola ai magnati della siderurgia indiana, nella loro competizione – potrei dire guerra – all’interno del loro stesso Paese per la conquista del mercato europeo, a cominciare dalla produzione italiana.

Come tutti sanno, negli ultimi mesi si è combattuta una guerra in Italia tra chi voleva accaparrarsi l’industria di Terni, chi voleva accaparrarsi la Lucchini e chi voleva accaparrarsi l’Ilva. In quella competizione i partner internazionali hanno due alternative: comprare uno stabilimento per produrre o comprare uno stabilimento per chiuderlo. Il gruppo ArcelorMittal aveva scelto di comprare lo stabilimento per produrre. Ma allo stesso gruppo va bene anche che lo stabilimento chiuda, perché è un modo per eliminare un concorrente.

Come sanno tutti coloro che studiano la globalizzazione dei fenomeni industriali, quando si vuole comprare qualcosa – mi riferisco per esempio al gruppo Whirlpool, che è oggetto dello stesso decreto-legge – lo si fa o per acquisire un sito produttivo e rendersi più potenti o per evitare che quel sito produttivo venga comprato dai concorrenti; quindi è meglio comprarlo, per evitare che lo facciano i concorrenti. Talvolta lo si compra – mi riferisco anche al caso Whirlpool – per chiudere lo stabilimento, favorendo gli stabilimenti che lo stesso gruppo ha in altri Paesi.

Siamo caduti nella trappola degli indiani per quanto riguarda l’Ilva di Taranto. Di chi è la responsabilità? È di tanti, verosimilmente oggi nello stesso Governo Conte. Noi crediamo che sia doveroso – lo hanno chiesto ieri per primi i Capigruppo del mio Gruppo Fratelli d’Italia, Lollobrigida alla Camera e Ciriani al Senato – che Conte riferisca in Aula subito, con una comunicazione che le permetta di esprimersi e di dare un indirizzo di politica industriale sul provvedimento in questione e su quella azienda, che riguarda l’intera industria italiana e non deve essere derubricato a incidente di percorso, perché non lo è. Esso è il frutto di una mancata cultura industriale o, meglio, di una cultura contro l’industria che pervade larghe parti di questo Parlamento e della maggioranza e pregiudica l’interesse nazionale, lo sviluppo economico e quindi anche l’occupazione, e non solo nel Mezzogiorno.

Il chiarimento è assolutamente necessario: deve essere fatto dal Presidente del Consiglio in quest’Aula e con un dibattito che porti a una conclusione e, quindi, a un voto da parte dell’Assemblea. Io credo che questo sia dirimente – non uso le parole a caso – per la salvaguardia della stessa maggioranza e dello stesso Governo. Noi aspettiamo che Conte, con un briciolo di responsabilità, venga qui in Aula a dirci come mai ha sottovalutato quanto è accaduto due settimane fa, a fronte di quello che noi avevamo detto in quest’Aula e che chiunque sappia leggere le cronache di questo Paese aveva previsto sarebbe accaduto.

C’è una colpevole responsabilità del Governo nell’accedere a un ricatto ideologico, bruciando su di esso l’interesse nazionale, che in questo campo è più evidente che mai.

Condividi